Tiroidite di Hashimoto: più selenio e ferro, ma meno iodio per ridurre l’infiammazione


La tiroidite di Hashimoto (HT), nota anche tiroidite autoimmune è una patologia infiammatoria che colpisce la ghiandola tiroidea, nella cui insorgenza sono coinvolti diversi fattori: genetici, ambientali, e nutrizionali. Clinicamente è caratterizzata dalla presenza di anticorpi contro la perossidasi tiroidea, l’enzima tiroideo che ossida lo ioduro in iodio per la sintesi dell’ormone tiroideo. Frequentemente sono presenti anche gli anticorpi anti tireoglobulina (Tg), la proteina su cui gli ormoni tiroidei sono sintetizzati dalla iodinazione dei suoi residui di tirosina. Con maggiore prevalenza nelle donne (circa il 60%) rispetto agli uomini (2%), la tiroidite di Hashimoto può presentarsi con una sintomatologia che include affaticamento, aumento di peso, costipazione, aumento della sensibilità a freddo o caldo, pelle secca, depressione, dolori muscolari e ridotta resistenza all’esercizio fisico.  Tra i fattori nutrizionali che influenzano strettamente la funzionalità tiroidea, iodio, ferro e selenio, sono micronutrienti chiave e meritano di essere analizzati singolarmente

IODIO e TIROIDITE

Il ruolo dello iodio è assai dibattuto nelle tiroiditi in quanto sia bassi che elevati livelli di iodio contribuiscono a mantenere alti gli anticorpi tiroidei. Ad esempio l’utilizzo del sale iodato, in caso di anticorpi elevati non è raccomandabile, come dimostrato da diversi studi scientifici. Dopo tre anni dall’immissione in commercio di solo sale iodato, in Cina, nelle aree con eccessivo consumo,  si è registrato una aumento delle tiroiditi autoimmuni. Analogamente in Danimarca dopo la fortificazione del sale con iodio, in chi era carente sono migliorate le concentrazioni di iodio nel sangue, ma chi era affetto da tiroidite ha aumentato ancora più la concentrazione di anticorpi peggiorando lo stato infiammatorio della tiroide. Il meccanismo per cui la fortificazione del sale con lo iodio peggiora la tiroidite è legata a vari fattori tra cui la forte immunogenicità della tireoglobulina, fortemente iodinata, che può appunto innescare una risposta autoimmune contro la ghiandola tiroidea. Infatti, diversi studi dimostrano che è più l’eccesso di iodio che la carenza a contrubire alla manifestazione della Titoidite di Hashimoto, soprattutto in soggetti sensibili. E’ pertanto importante che l’intake di iodio siano corretti e le concentrazioni urinarie siano entro 100-200ug/L. Pertanto l’indicazione all’uso del sale iodato nelle persone affette da tiroidite non è valida per tutti i casi, ma andrebbe raccomandata solo in caso di accertata carenza di iodio e non genericamente a tutti, tenendo conto anche della dieta delle persone: ad esempio il tuorlo d’uovo, i latticini e il pesce (gamberi, scampi e frutti di mare) sono buone fonti di iodio come le alghe brune.

RUOLO DEL FERRO

L’enzima tireoglobulina TPO, necessario per la sintesi degli ormoni tiroidei è dipendente dal ferro, pertanto adeguate concentrazioni plasmatiche di ferro sono fondamentali. Non a caso una carenza di ferro è comune sia in chi manifesta tiroidite di Hashimoto che in soggetti affetti da celiachia, altra condizione autoimmune. E’ interessante notare che c’è una relazione simbiontica tra l’omone tiroideo T3 e proliferazione dei globuli rossi: una carenza di ferro riduce la produzione di ormone tiroideo, diminuendo l’attività dell’enzima tireoperossidasi. In uno studio americano è stato dimostrato che i livelli degli ormoni tiroidei T3 e T4 erano fortemente ridotti in donne carenti di ferro rispetto a donne che avevano concentrazioni di ferro entro livelli normali. Da notare che la carenza di ferro predice lo stato tiroideo nelle donne in gravidanza: sia i livelli di emoglobina, che la ferritina e il volume corpuscolare medio del globuli rossi sono indicatori importanti del TSH e T4, cosi come la carenza di ferro è associata a bassi livelli di tiroxina.Riportare livelli normali di ferro contribuisce a ridurre i sintomi di ipotiroidismo subclinico in pazienti con tiroidite.

IL SELENIO

La tiroide contiene i piu elevati livelli di selenio, di tutto il copro umano e le cellule tiroidee ( tireociti) contengono un numero elevato di selenoproteine, indispensabili per la funzionalità tiroidea e coinvolte nella risposta infiammatoria. E’ noto infatti che una carenza di selenio sia associata a vari disordini tiroidei, dall’ipotiroirdimo, alla tiroidite di Hashimoto al Morbo di Graves e alla ipertrofia tiroidea. Una recente meta-analisi (Wichman JWK, Bonnema SJ & Hegedus ,Thyroid 2016: 26, 1081–1092.) condotta su 16 trials clinici, ha concluso che la supplementazione con selenio riduce gli anticorpi anti-TPO dopo 3- 6- e 12 mesi in persone affette da tiroidite cronica autoimmune in trattamento con levotiroxina-T4. La presenza di anticorpi TPO è frequente nelle donne in gravidanza  e potenzialmente fino al 50% di queste donne si sviluppa una tiroidite post-partum di cui il 20–40% successivamente può andare incontro a ipotiroidismo. Uno studio italiano randomizzato verso controllo (RTC) condotto su donne in gravidanza, positive per anticorpi TPO, ha dimostrato che  la supplementazione con 200 μg di selenio/al giorno ha ridotto gli anticorpi TPO in modo significativo durante la gestazione, e il rischio  di sviluppare una tiroidite post partum e conseguente ipotiroidismo, rispetto al gruppo placebo. In pazienti ipotiroidei, in trattamento con L-T4, la supplementazione con Selenio ha diminuito gli anticorpi TPO, le citochine infiammatorie e la proteina C reattiva. Sebbene però il selenio sia indispensabile per la tiroide, è importante anche sapere che una eccessiva assunzione può essere tossica, pertanto è indicato eseguire un esame del sangue per verificare le concentrazioni plasmatiche, visto che per valori di 122 ug/L o più, non è RACCOMANDABILE supplementare.  Non è tuttavia semplice, apportare selenio con la dieta: se la raccomandazione è di circa 55 ug al giorno per adulti e 65-75 ug nelle donne in gravidanza, per ottimizzare l’attività della GPX3, l’enzima principale che rimuove perossido di idrogeno dalla tiroide, prevenendo infiammazione, sappiamo che in molti paesi inclusa l’Europa, non vengono raggiunti.

Infatti la biodisponibilità di selenio attraverso la dieta, varia molto in base al terreno e al tipo di alimento, modalità con cui viene coltivato, Ph del terreno e contenuto di materia organica.  In caso di carenza, di 50-100 ug al giorno risulta una supplementazione  adeguata ad assicurare la funzionalità delle seleno-proteine. Una integrazione è consigliabile anche in chi ha un elevato intake di iodio, e donne a rischio per patologie tiroidee che intendono iniziare una gravidanza.

Dove troviamo il selenio negli alimenti? Al fine di stabilire se si ha un corretto apporto h di selenio con la dieta è importante una anamnesi alimentare, soprattutto in chi ha patologie tiroidee e tiroiditi autoimmuni. Le maggior fonti di selenio sono le noci del brasile, ma il livelli possono variare di molto da 0,05 a 512 mg/kg, per cui l’indicazione delle “3 noci del brasile al giorno” non garantisce apporti adeguati. Altri alimenti in cui abbiamo discrete fonti di selenio sono i frutti di mare, il pesce azzurro (alici e sarde), carne di manzo, tuorlo d’uovo, cereali integrali e in chicco, i legumi. Piuttosto che affidare l’apporto di selenio ad un solo alimento è bene fare un piano nutrizionale che tenga conto delle variabilità e ricorrere ad integrazione nei casi necessari dopo aver accertato i livelli di selenio nel sangue

 

Conference on ‘Nutrient–nutrient interaction’Symposium 2: Nutrient interactions and their role in protection from chronic diseases Multiple nutritional factors and thyroid disease, with particular reference to autoimmune thyroid disease
Margaret P. RaymanProceedings of the Nutrition Society, Page 1 of 11, 2018

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