La sindrome metabolica è caratterizzata da un insieme di fattori di rischio – ipertensione, iperglicemia, ipercolesterolemia, in particolare elevati livelli di LDL e grasso addominale – che raddoppiano il rischio di malattie cardiovascolari, quali infarti e ictus. Tutti questi fattori aumentano anche il rischio di diabete da tre a cinque volte. Cosi spesso la prima cosa che si consiglia alle persone in sovrappeso e obese e/o diabetiche è l’uso di edulcoranti ipocalorici. Tuttavia un recente studio ha dimostrato invece che il sucralosio, un diffuso edulcorante impiegato nella industria alimentare, e come dolcificante con il nome commerciale di Splenda, potrebbe favorire la sindrome metabolica e predisporre le persone a prediabete e diabete, in particolare nei soggetti con obesità.
Lo studio effettuato in parte in vitro su cellule staminali e in parte in vivo, su 18 volontari, è stato finalizzato a valutare se il sucralosio, presente in biscotti, ma anche nella maggior parte di integratori, avesse un ruolo nel promuovere, piuttosto che prevenire, l’aumento di grasso. Cosa è stato dimostrato? Incubando cellule staminali ( cellule non differenziate) con una concentrazione di sucralosio 0,2 millimolare (mM) simile alla concentrazione riscontrata nel sangue di persone che fanno alto consumo di edulcoranti ipocalorici – pari a quattro lattine di soda dietetica al giorno, i ricercatori hanno osservato una maggiore espressione di geni che promuovono la produzione di grasso e infiammazione rispetto alle cellule che non sono state esposte all’edulcorante, col risultato che il sucralosio spingeva le cellule a differenziarsi come cellule grasse ( adipociti). Inoltre, l’aumento di grasso (cellule adipose) era dose-dipendente – ossia a concentrazioni più elevate di sucralosio, corrispondeva un aumento di cellule adipose. Questo fenomeno probabilmente si verifica per un aumentato ingresso di glucosio nelle cellule, determinato dall’aumento dell’attività dei geni chiamati trasportatori di glucosio. Per valutare se tale meccanismo poteva verificarsi anche nell’uomo, i ricercatori hanno valutato campioni di biopsia di grasso addominale ottenuti da 18 soggetti (4 normopeso, 14 obesi o in sovrappeso) che hanno dichiarato di aver consumato edulcoranti ipocalorici (principalmente sucralosio).
In questo caso i risultati hanno mostrato che nei soggetti normopeso, la differenza nelle espressioni geniche dei geni coinvolti nella produzione di grasso e infiammazione non era significativa. Diversamente, nei soggetti con obesità o sovrappeso, si è osservato un aumento dell’attività di trasporto di glucosio (zucchero) nelle cellule e una over-espressione di geni produzione di grasso, rispetto ai campioni di biopsia di soggetti che non consumavano edulcoranti ipocalorici. Il sucralosio, quindi, sembra favorire l’ingresso di glucosio nelle cellule, pertanto sono proprio le persone che hanno obesità e prediabete o diabete, ad alto rischio di infarti e ictus, ad essere sensibili a questi edulcoranti. Gli autori dello studio infatti ipotizzano che l’effetto sia più pronunciato nelle persone sovrappeso e obese piuttosto che nei normopeso, perché hanno una maggiore resistenza insulinica e maggiore glucosio nel sangue. Inoltre, lo studio in vitro, ha dimostrato che il sucralosio sembra promuovere l’accumulo di radicali dell’ossigeno ( ROS), i cui elevati livelli causano infiammazioni croniche che sono alla base di tutte le patologie ( dai tumori, alle patologie neurodegenerative, alle patologie cardiovascolari al diabete). Inoltre I ROS interferiscono con l’attività cellulare e rallentano il metabolismo, condizione che favorisce l’accumulo di grasso nella cellula. Secondo gli autori questa è un’altra spiegazione di come il sucralosio possa interferire con il metabolismo. L’effetto sulla salute degli edulcoranti non calorici, come il sucralosio, e altri dolcificanti senza calorie, è da tempo oggetto di studio. Alcuni studi pre-clinici ed epidemiologici hanno dimostrato una associazione tra consumo di edulcoranti senza calorie (aspartame, saccarina) e disfunzioni tiroidee, rischio delle fratture e parti prematuri. Una alterazione importante è stata vista a livello del microbiota intestinale, in cui alcuni edulcoranti sembrerebbero promuove una insulino- resistenza. L’utilizzo degli edulcoranti dovrebbe essere valutato singolarmente in base alle suscettibilità individuali, pertanto, quando ci sono condizioni metaboliche già compromesse, potrebbe essere una indicazione a sconsigliarne l’uso, come sono da sconsigliare in gravidanza e a maggior ragione in età pediatrica.
Morale: quali zuccheri? Sappiamo che di zuccheri è bene consumarne pochi, il meno possibile. Fa parte di una buona educazione alimentare insegnare a consumare fin da piccoli a non aggiungere zucchero in eccesso per arrivare da adulti a consumare le bevande come caffè, the, tisane amare, senza l’aggiunta di nulla, e ad evitare fin dall’età pediatrica, il più possibile bevande zuccherate, succhi zuccherati, soft drinks. Infine se vogliamo evitare i dolcificanti artificiali nei prodotti confezionati, leggere sempre attentamente le etichette, tendo presente che il sucralosio viene utilizzato in molti prodotti alimentari, ma anche in moltissimi integratori.
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