Alimentazione è salute, e prima si inizia a curarla e a dare informazioni corrette, più l’effetto preventivo, anche a lunga scadenza, trova la sua efficacia. E’ per questo che la ristorazione scolastica, che per molte famiglie, si affianca e sostituisce parte dei pasti della giornata del bambino, fin dalle prime fasi della vita, deve avere un ruolo “illuminato”, aggiornato delle conoscenze attuali di prevenzione e in questa ottica, la scuola deve rappresentare un luogo di educazione al gusto e alla salute. Tuttavia, sempre più spesso i menù scolastici sono fonte di discussione, tra genitori e Nutrizionisti ma anche tra genitori stessi: c’è chi vorrebbe promuovere una alimentazione più ricca di prodotti vegetali, alleggerendo i menu scolastici dalla presenza eccessiva di carni e salumi-spesso non di prima qualità- e quelli che ancora pensano, in un epoca in cui abbiamo una elevata percentuale di obesità e sovrappeso nella fascia di età pediatrica- che la carne sia indispensabile tutti i giorni per crescere in salute. Nei giorni passati, mi ha colpito appunto un articolo apparso sul giornale riguardo ad una mensa di Porto S. Giorgio, in cui dopo insistenza di alcuni genitori, il nutrizionista che aveva elaborato il menù, ha accordato un periodo di sperimentazione privilegiando pasti con più legumi, cereali e verdure. Dopo una breve sperimentazione, in cui bambini si sono dimostrati insoddisfatti, il nutrizionista del Comune, ha preferito tornare al menù originario, che prevedeva una maggiore presenza di carni e insaccati e la pasta e fagioli o ceci compare una volta al mese seguita da un secondo a base di formaggio (http://m.corriereadriatico.it/fermo/porto_san_giorgio_nuovo_cambio_mensa_pi_carne_meno_legumi-1562275.htm). Questo episodio mi ha spinto a più riflessioni: la prima è, che sebbene difficile, il ruolo del nutrizionista, è quello di orientare genitori e bambini a quelle che sono ormai certe evidenze, riguardo ad stili alimentari più corretti per la salute e più sostenibili da un punto di vista ambientale. Non si può quindi, nell’esercizio della nostra professione, che ci permette di avere accesso prima di altri ad informazioni scientifiche rilevanti per la salute pubblica, prescindere dall’ informare- chi non sa- che tutta la comunità scientifica, medica e non medica, ha rivolto l’attenzione sull’influenza che il consumo di prodotti animali sta avendo sull’ambiente, in termini di emissione di gas serra e consumi di riserve idriche del pianeta, e che la riduzione del consumo di carne debba considerarsi una necessità odierna, per contrastare i gravi effetti avversi della produzione in allevamenti intensivi: per ogni kg di carne di maiale e pollame si produce una quota variabile che va dai 3,2 ai 4,6 chilogrammi di anidride carbonica equivalente (kg CO2eq), per ogni kg di filetto di manzo si arriva fino a 60 kg di CO2eq , mentre in termini di riserve idriche consumano circa 4.300 litri di acqua per un kg di carne di pollo , circa 6.000 per un kg di carne di maiale e 15.500 litri per un kg di carne bovina. Bisognerebbe informare i genitori come vivono questi animali negli allevamenti intensivi, in condizioni che non sembrano tenere in alcun conto il loro benessere come parametro. Esistono allevamenti in cui bovini o polli non vedono la luce del sole per l’intera esistenza, vivendo stipati l’uno con l’altro in poco spazio vitale e per evitare che si ammalino e per farli crescere in fretta vengono trattati ad antibiotici e ormoni, che finiscono nelle loro carni, che non sono quindi di ottima qualità. In più i bovini, anziché ad erba, vengono alimentati a base di pastoni di mais e soia Ogm e la soia OGM è piena di glifosate- un erbicida probabile cancerogeno che dagli alimenti passa nel nostro organismo, e in quello dei bambini, come dimostrato da vari studi di monitoraggio che hanno trovano glifosate negli alimenti e nelle urine umane. Bisognerebbe inoltre far presente che diversi studi scientifici hanno evidenziato i vantaggi sia sulla salute umana che sul piano ambientale,dell’adozione di diete vegetariane, o con un consumo di carne e salumi molto più limitato di quanto si faccia oggi: a proposito di consumi di carne rossa e salumi, il WCRF ( World Cancer Research Fund) ha chiaramente indicato come l’eccessivo consumo possa aumentare il rischio di ammalarsi di alcuni tumori, raccomandando di basare l’alimentazione prevalentemente su vegetali, legumi e cereali integrali; mentre sul piano ambientale la sostituzione del filetto di manzo con altre fonti proteiche di origine vegetale, come i legumi, ridurrebbe il riscaldamento globale potenziale di un 80% ed il risparmio di acqua, e aumentare i vegetali sarebbe importante visto che il consumo di acqua per kg di verdure è sensibilmente più basso rispetto a quello di prodotti animali. Altra riflessione importante è che chi ha il ruolo di educatore deve anche sfatare luoghi comuni, se questi non sono più in linea con la salute e là dove trovino ostilità, intraprendere un dialogo atto a spiegare il perchè di certe scelte e renderle gradite ai bambini, che non consapevoli di cosa è bene o no per loro, possono solo essere orientati dagli adulti che fanno da modello. E’ sui bambini che è necessario intervenire, perchè in questa fase sono ancora duttili, ed è su loro che si possono fare modifiche in termini di stili di vita corretti, e non dopo, in età adulta, quando comportamenti e gusti, sono radicati da anni e pertanto difficili da correggere. In questa ottica, si dovrebbe insegnare non solo a mangiare i legumi, ma insegnare a chi è in cucina a prepararli in modo appetibile e gustoso. In un documento presentato dalla Camera (ORDINE DEL GIORNO – AC 2994-A) dal comitato coordinamento cambiamo la mensa fondato da Franco Berrino e Elena Alquati, il Governo si è impegnato a portare in discussione alcuni aspetti sostanziali che riguardano la ristorazione pubblica. Il documento è finalizzato ad aggiornare i contenuti e le modalità di attuazione delle “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica” basandosi sulle indicazioni e le raccomandazioni, espresse da vari organismi internazionali per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, croniche e degenerative. “L’ educazione alimentare è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao) come “il processo informativo ed educativo per mezzo del quale si persegue il generale miglioramento dello stato di nutrizione degli individui”. Sempre l’Oms, ha evidenziato come l’approccio ambientale sia diventato molto popolare nella promozione della salute. Questo approccio riconosce una valida opportunità di influenzare la salute attraverso misure politiche ed educative all’interno di ambienti specifici come le scuole, i posti di lavoro, gli ospedali. La scuola, che ricopre un periodo di tempo fondamentale per l’apprendimento, costituisce un’ottima opportunità per parlare di alimentazione e stili di vita salutari a bambini ed adolescenti che hanno bisogno di acquisire conoscenze per sviluppare un comportamento alimentare corretto; la scuola, secondo il Ministero della Salute “detiene la responsabilità di stimolare e creare conoscenza, consapevolezza, attitudini e abilità tali da influenzare positivamente scelte alimentari e stili di vita salutari”; l’ambiente scolastico rappresenta il luogo ideale, quindi, per l’attuazione di programmi di educazione alimentare, al fine di assicurare agli studenti un cibo gradevole, ricco di nutrienti essenziali, moderatamente calorico in grado di prevenire l’insorgenza delle patologie legate ad una scorretta alimentazione. Le opportunità che offre sono diverse: consente di raggiungere la quasi totalità di bambini e adolescenti, fornisce la possibilità di alimentarsi in maniera sana dal momento che gli scolari vi consumano almeno una merenda ed il pasto principale, può insegnare agli studenti a resistere alle pressioni sociali, possiede personale qualificato, inoltre evidenze scientifiche suggeriscono che programmi di educazione alimentare in ambito scolastico possono migliorare i comportamenti alimentari dei giovani; per essere efficaci i programmi scolastici di educazione alimentare non devono pertanto limitarsi a fornire agli studenti le conoscenze e le capacità necessarie a prendere decisioni adeguante riguardanti la propria salute, ma anche offrire l’ambiente, la motivazione, i servizi ed il supporto necessario per sviluppare e mantenere comportamenti positivi e salutari. Franco Berrino e Elena Alquanti, hanno redatto delle Linee di indirizzo per una ristorazione collettiva scolastica moderna, di cui a seguire si riporta tra virgolette il testo ed è una base utile su cui riflettere.
“In molte città la ristorazione scolastica si basa su indicazioni ministeriali o regionali che alla luce delle conoscenze fisiologiche ed epidemiologiche moderne appaiono obsolete ed anacronistiche. Potevano essere indicazioni utili in tempi in cui la malnutrizione e la carenza proteica erano ancora prevalenti, ma oggi nei paesi occidentali il problema è piuttosto quello di un eccesso calorico e proteico, e la cattiva nutrizione dipende dalla scarsa varietà e qualità del cibo. I suggerimenti ministeriali indicano, ad esempio, per il pasto che si consuma a scuola, un apporto proteico pari alle stime del fabbisogno per l’intera giornata. Gran parte delle scuole, inoltre, include cibi di provenienza animale tutti i giorni, mentre per la prevenzione delle malattie croniche si raccomanda oggi di basare l’alimentazione quotidiana prevalentemente su cibo di provenienza vegetale. Negli ultimi dieci anni gli studi epidemiologici hanno chiarito che l’eccesso di proteine nella dieta, le bevande zuccherate, gli snack salati o zuccherati e i cibi pronti tipo fast food (oltre alle ore passate alla televisione) sono la causa principale dell’obesità, sia in età adulta sia in età infantile, e ci sono indicazioni che questo stesso stile alimentare sia associato ad una ridotta performance intellettuale. Secondo le raccomandazioni per la prevenzione dei tumori occorrerebbe limitare il consumo di carni rosse ed evitare le carni conservate, e per la prevenzione delle malattie cardiovascolari occorrerebbe limitare anche il consumo dei latticini. Un’alimentazione troppo ricca di cibo animale e di zucchero, inoltre, favorisce la comparsa e la cronicizzazione di stati infiammatori, e si può ipotizzare che contribuisca alle patologie infiammatorie delle prime vie aerodigestive, che rappresentano la principale causa di assenteismo scolastico. L’obiettivo della ristorazione scolastica dovrebbe essere di fornire un cibo ricco di nutrienti essenziali, saziante, gradevole, e al contempo moderatamente calorico e rispettoso delle raccomandazioni basate su prove scientifiche per la prevenzione dell’obesità e delle malattie croniche. Le linee guida sono le raccomandazioni del Fondo mondiale per la prevenzione del cancro (WCRF) (www.dietandcancerreport.org), linee riprese poi dal Codice Europeo Contro il Cancro (www.salute.gov.it), del Progetto Cuore per la prevenzione delle malattie cardiovascolari (www.cuore.iss.it ) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO Set of recommendations on the marketing of foods and non-alcoholic beverages to children. Resolution of the Sixty-third World Health Assembly adopted 21 May 2010). La ristorazione scolastica dovrebbe evolversi secondo le linee seguenti: Non proporre carni conservate – Non proporre bevande zuccherate, compresi succhi di frutta e yogurt zuccherati – Non proporre cibi ad alta densità calorica, tipo fast food, snack salati o zuccherati, merendine, e prodotti contenenti grassi idrogenati o sciroppo di glucosio e fruttosio – Privilegiare cibi di provenienza vegetale non industrialmente trasformati o raffinati, con almeno tre pasti su cinque con cereali integrali e legumi, e senza prodotti animali – Acquistare i cereali e i cibi animali da coltivazioni/allevamenti biologici, controllati per la presenza di micotossine – Fra i cibi di provenienza animale privilegiare il pesce, le carni bianche e i latticini magri, con attenzione alla provenienza e alle condizioni di allevamento – Limitare il sale. Per sviluppare queste linee, sperimentando soluzioni innovative che siano sostenibili economicamente ed operativamente e che siano accettate dagli studenti e sostenute da genitori ed insegnanti, occorre promuovere un programma di informazione/formazione per insegnanti, genitori e operatori della ristorazione, di sperimentazione della preparazione su larga scala dei menu proposti, e di valutazione con criteri scientifici della accettabilità dei cibi proposti e del loro impatto sulla antropometria e sullo stato di salute degli studenti. Il programma acquisterebbe ulteriore valenza se integrato a un impegno delle istituzioni scolastiche a includere la nutrizione nelle loro priorità”.
Ricapitolando Le raccomandazioni per le scuole sono : –
Fornire quotidianamente pasti salutari per allievi ed insegnanti, nonché spazi per la ricreazione e l’attività sportiva. –
Includere obbligatoriamente la nutrizione (compresa la preparazione dei cibi e la cucina) e l’attività fisica nel curriculum scolastico. –
Assicurarsi che il materiale didattico sia indipendente da interessi commerciali.
Non consentire la vendita di bevande zuccherate, né di merendine o di altri snack ricchi di zucchero, sale e grassi, nei distributori automatici e nei bar delle scuole.
La raccomandazione numero 5 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul marketing dei cibi ai bambini recita:
Tutti i posti dove si riuniscono bambini e ragazzi dovrebbero essere liberi da ogni forma di commercializzazione di cibi ricchi di grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri liberi o sale.
Tali ambienti includono, ma non sono limitati ad asili, scuole, cortili delle scuole e degli asili, terreni di gioco, cliniche pediatriche e consultori familiari, e manifestazioni sportive e culturali collegate a questi ambienti.
coordinamentocambiamolamensa. wordpress.com
http://www.wcrf.org/int/research-we-fund/our-cancer-prevention-recommendations
Tilman D and Clark M. Global diets link environmental sustainability and human health , Nature 2014, 515: 518-522
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