Sono molti ormai gli studi scientifici che hanno mostrato che attraverso gli alimenti siamo esposti ai pesticidi, i cui metaboliti troviamo nelle urine, sottolineando quanto la dieta è determinante, visto che passando ad una dieta biologica, i pesticidi nelle urine diminuiscono fortemente fino a scomparire. L’esposizione cronica ai pesticidi, (ossia a piccole dosi prolungate nel tempo) è la più pericolosa per la salute in quanto, i suoi effetti si vedono a lunga scadenza e sopratutto non sono calcolabili, vista la diversa ed individuale sensibilità agli effetti tossici di queste sostanze. Una cosa certa è che i bambini sono un esempio di esposizione cronica, che può iniziare dalla vita intrauterina, attraverso la mamma per poi proseguire in età neonatale e infantile, periodi questi’ ultimi in cui, il cibo diventa un veicolo importante perchè per volume corporeo, i bambini ingeriscono una quantità superiore di alimenti rispetto ad un adulto, e ben sappiamo però che rispetto ad un adulto un bambino ha sistemi di detossificazione ancora immaturi, pertanto un principio di precauzione sarebbe appunto ridurre al minimo l’esposizione ambientale e attraverso il cibo. L’alimentazione biologica riveste un ruolo di prevenzione importantissimo fin dallo svezzamento, ed è in questo contesto che l’educazione alimentare dei genitori diventa fondamentale e non secondaria ad un’altra improrogabile necessità, le mense biologiche, indispensabili, negli asili nido, nella scuola materna e secondaria, e nelle mense scolastiche in genere. E’ bene sapere in proposito, che le mense bio non sono un optional o un lusso, ma un diritto come sancito dall’articolo 59 della legge n.488/1999 ( “Finanziaria 2000”) secondo il quale “per garantire la promozione della produzione agricola biologica e di qualità, le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere prevedono nelle diete giornaliere l’utilizzazione di prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché di quelli a denominazione protetta”.
In ogni mensa di nidi per l’infanzia, scuole per l’infanzia, scuole elementari e medie (e in ogni ospedale), quindi, l’introduzione di prodotti biologici non è solo opportuno perchè suggerito dai lavori scientifici, ma un obbligo previsto dalla legge. Attualmente sono 9 le regioni che hanno applicato la legge e le mense scolastiche bio, hanno mostrato una crescita del 40% negli ultimi 4 anni, in cui da 839 a 1.249. Anche la quantità di pasti bio è di conseguenza lievitata: ora se ne servono 1,2 milioni al giorno, mentre nel 2010, erano poco più di un milione. Non in tutta Italia però la situazione è identica: le mense bio infatti sono molto diffuse soprattutto in tre regioni: la Lombardia che ne ha 224, il Veneto (192) e l’Emilia Romagna (172). Poichè non specificato dalla legge nazionale, sono state elaborate delle norme regionali, che a seconda delle regioni, indicano la percentuale minima di prodotti biologici da utilizzare; ad esempio l’Emilia Romagna, ha regole molo restrittive, che prevedono che dal nido fino alle elementari non siano ammessi cibi che non certificati come biologici. In generale le amministrazioni che utilizzino non meno del 50% di prodotti biologici, possono richiedere il rilevante contributo regionale (che dal 60% della spesa nei comuni di maggiori dimensioni arriva all’80% per quelli minori); sostegni economici di varia entità sono previsti anche in Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Marche e Toscana. Nonostante ciò, molte resistenze ad attivare una mensa BIO sono ancora legate al ” costo” che alcuni ritengono molto più elevato; senza entrare in merito a quanto sarebbe comunque il risparmio sanitario, se si prevenissero con l’alimentazione, patologie che oggi sembrano associate anche all’esposizione ai pesticidi (diabete, endometriosi, obesità, tiroiditi, dismetabolismi, autismo, tumori), esistono strategie per ridurre al minimo le differenze tra mensa BIO e convenzionale che sarebbero poi in linea con quanto l’OMS e il World Cancer Research Fund e lo IARC ( International Agency For Research on Cancer) indicano come scelta salutare: meno carne, meno salumi, più piatti unici ( pasta e legumi) spesso assenti nei menu, nonostante sappiamo che il consumo delle proteine animali nella fascia infanzia adolescenza è il triplo rispetto ai fabbisogni indicati dai LARN, con tutte le implicazioni note con l’incidenza di obesità che riguarda questa fascia di età (consumo di proteine e adiposity rebound). Per abbattere i costi di alcuni paesi europei hanno istituito il self service, coinvolgendo i bambini nella gestione della mensa, come accade ad Helsinki ad esempio: gli scolari non solo si servono da soli, ma sparecchiano, differenziano i rifiuti e in certi casi lavano persino le stoviglie. La mensa Bio non è un optional, ma un dritto sancito da una legge oltre che una necessità per tutelare la salute dei consumatori, inclusi i più piccoli: oltre 10 milioni di italiani pranza regolarmente fuori casa ogni giorno, la gran parte dei quali sono bambini e ragazzi, ed è importante garantire cibi sani e di qualità anche nelle mense a costi che siano sostenibili da tutti.
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