Glifosato in Italia: 14 gestanti lo hanno nelle urine. Ecco come dalla catena alimentare finisce nei nostri corpi


 

Recentemente, si è parlato molto del glifosato, l’erbicida classificato probabile cancerogeno per la IARC ( agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), e sospettato di essere un “interferente endocrino” la cui diffusione nell’ambiente è testimoniata dalla sua presenza come maggiore contaminante delle acque superficiali italiane insieme al suo metabolita AMPA nelle regioni uniche 2 regioni in cui è stato effettuato il monitoraggio, Toscana e Lombardia. Questo suggerisce che tutta la catena alimentare possa essere contaminata e quindi il cibo rappresenta la fonte principale di esposizione al  glifosato, per chi non è un agricoltore E la conferma arriva oggi dai risultati di un monitoraggio condotto dal Salvagente in collaborazione con l’Associazione a Sud effettuato su 14 gestanti residenti a Roma, in cui si è andato a cercare il glifosato nelle urine: il test eseguito dal BIocheck lab di Lipsia, ha ebbene tutte le donne testate erano positive per la presenza dell’erbicida con concentrazioni che vanno da 0,43 ng/ml a 3,48 ng/ml. Definire se le concentrazioni sono elevate o no, soprattutto in merito alla pericolosità è difficile stabilirlo, certamente, ma in alcune donne è stata trovata una concentrazione superiore a quelle trovate nel monitoraggio effettuato in Germania su 399 persone. Ma perché il dato ci deve preoccupare? Innanzitutto perché il glifosato, è una sostanza sospettata di essere una interferente endocrino, ossia una sostanza in grado di interferire col normale sistema ormonale, mandandolo in tilt, per questo motivo sono implicati nello sviluppo di obesità, diabete, difetti dello sviluppo dell’apparato riproduttore, endometriosi, e tumori. Ma molto più importante, è che queste sostanze agiscono a piccole concentrazioni, tanto che il Parlamento Europeo nel 2013 ha dichiarato che sono sostanze per cui non c’è soglia di sicurezza, e tanto meno per un organismo in formazione quale il feto. Sono diversi gli studi scientifici, che indicano critiche le fasi dello sviluppo intrafetale come finestre espositive in cui qualsiasi perturbazione, può poi tradursi in un aumentato rischio di sviluppare una patologia tumorale da adulto. Bisogna che le mamme siano consapevoli che la gravidanza è un periodo estremamente delicato per lo sviluppo del feto ed è ormai accertato che tutto ciò che accade alla mamma nei mesi precedenti al parto e il parto stesso, influiscono sullo sviluppo del feto e quella che sarà la sua salute futura. Molta attenzione quindi deve essere riposta alla alimentazione durante tutti i 9 mesi di gravidanza -ma anche nel periodo pre-concezionale- come quantità ma soprattutto come qualità – in quanto, ciò che si mangia è determinante non solo per lo sullo sviluppo fisico ma anche quello neuronale del bambino. questo periodo viene definito “finestra di sensibilità”, un momento di estrema plasticità in cui qualsiasi “perturbatore” può compromettere la corretta funzionalità degli organi in formazione.

Le gestanti quindi, devono essere consapevoli che non sono solo il veicolo di nutrienti per il feto, ma anche di sostanze potenzialmente pericolose per lui: tutto quello che transita dalla loro bocca arriva al proprio bambino per via trans-placentare: ed è fondamentale quindi che l’alimentazione sia corretta, con alimenti sicuri senza residui di metalli pesanti e pesticidi. Ma quali sono gli alimenti che ci espongono di più al glifosato? Già in una precedente indagine, Il Salvagente aveva riportato il livelli di glifosato nella pasta, pane e prodotti da forno, che giornalmente fanno parte della dieta di molti consumatori, ma il glifosate nella catena alimentare può trovarsi anche nella carne e prodotti animali visto che  l’85% dei mangimi utilizzati negli allevamenti intensivi sono costituiti da mais, soia, colza geneticamente modificati (OGM), restistenti all’erbicida che viene quindi  ampiamente utilizzato per queste coltivazioni.Oltre alle mamme, bisognerebbe che ci fosse consapevolezza in chi decide sul rinnovo all’autorizzazione del glifosato, e chiedersi se è ormai giunto il momento di appellarsi al principio di precauzione, visto che non esistono soglie di sicurezza che garantiscano dai danni alla salute derivanti da un’esposizione cronica a basse concentrazioni il grado di contaminazione  estesa sia all’ambiente che produzione alimentare. E mentre ancora a livello scientifico il dibattito sulal sicurezza è aperto, e non c’è risposta certa per la sua cancerogenicità, sebbene è molto probabile dagli studi forniti dalla IARC,   la certezza che sia sicuro non c’è affatto. Mentre c’è certezza dei danni ambientali che il glifosato ha provocato, soprattutto nelle numerose aree fragili del nostro paese: il suo uso smodato in Italia, uno dei maggiori utilizzatori sia nei campi che fuori, ha provocato in molte aree,  erosione del territorio, nonché perdita di biodiversità e alterazione degli ecosistemi rurali, avvelenamento degli ambienti umidi, sterilizzazione dei suoli, scomparsa di specie vegetali ed animali a causa della cancellazione di interi habitat, notevolmente aggravato il fenomeno della moria delle api  in aree fragili, tutto con ovvie ripercussioni sulla salute umana. Ma soprattutto in un era in cui si parla di rivoluzione agricola in cui è sempre più alta la consapevolezza che si debba imporre un modello alimentare produttivo più sostenibile e più rispettoso della salute umana, a partire da quella di chi è esposto per motivi di lavoro, bisognerebbe capire che non è più possibile produrre alimenti usando sostanze tossiche che contaminano l’ambiente, che è quello in cui viviamo respiriamo e mettiamo al mondo figli, a cui deve essere garantito il diritto alla salute fin dalla vita intra-fetale. 

International Journal of Hygiene and Environmental Health 220 (2017) 8–

Pamela J. Mink et al. Epidemiologic studies of glyphosate and non-cancer health outcomes: A review Regulatory Toxicology and Pharmacology 61 (2011) 172–184
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Compositional differences in soybeans on the market: Glyphosate
accumulates in Roundup Ready GM soybeansFood Chemistry 153 (2014) 207–215

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4 Commenti

  1. luigi
    04/07/2017
    Rispondi

    Buongiorno a lei dottoressa.
    Il suo articolo merita i miei complimenti e soprattutto un’ampia diffusione per la chiarezza ed il valore dei contenuti.
    Mi ha colpito molto “il test del mese”, mi dispiace sapere che le tutte mamme di Roma ed i loro futuri bimbi siano contaminati dal glifosato. Altre mamme che vivono in campagna lo potranno essere ancora di più pensando di trovarsi in un ambiente più sano di quello cittadino.
    Mi piacerebbe poter leggere anche a fianco del grafico.
    Grazie

    • 09/07/2017
      Rispondi

      Buongiorno grazie, il grafico da me pubblicato è per gentile concessione del “Salvagente” che ha pubblicato l’intero articolo.
      Per leggerlo meglio le consiglio di vedere l’articolo del Salvagente oppure provare ad ingrandire con lo zoom la immagine dal mio sito

  2. Luciano LOZZA
    07/07/2017
    Rispondi

    E’ possibile avere un incontro email con la Dott. RENATA ALLEVA.
    Vorrei sapere, per un caso di MIELOMA, riscontrato in un agricoltore dedito alla coltivazione di risaie,se il glifosato è da ritenersi causa principale per lo sviluppo di tale patologia.
    Grazie

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