Torno a parlare di contaminanti ambientali nella catena alimentare, perché purtroppo oggi è sempre più frequente dovere tenerne conto nella dieta e l’arsenico inorganico (ASi) è uno di quelli che desta preoccupazione sia per la sua elevata diffusione, che per la sua pericolosità. Presente naturalmente nella maggior parte dei suoli- la sua concentrazione nelle acque e nei terreni è stata aumentata dall’uso di pesticidi (erbicidi, fungicidi, insetticidi, fertilizzanti,rodenticidi e antiparassitari zootecnici) e da emissioni industriali. E’ un cancerogeno certo per l’uomo (Iarc, Gruppo 1): diversi studi epidemiologici hanno infatti osservato che l’esposizione a elevate concentrazioni di arsenico è associata a un aumento del rischio di cancro della vescica, del polmone, della pelle dei reni, della prostata e del fegato, così come un aumento di rischio per malattie cardiovascolari, diabete ed effetti sia sullo sviluppo sia sulla riproduzione. Le quantità che si assumono con la dieta non preoccupano per l’effetto immediato, ma per la esposizione a lungo termine e soprattutto la precocità di esposizione: ad esempio nei feti o nei neonati che sono maggiormente vulnerabili all’effetto tossico, una volta esposti, può aumentare il rischio di sviluppare una patologia da adulti.
Dall’ambiente alla catena alimentare: quali cibi ci espongono di più all’arsenico? Dipende molto dalle fasce di età e dalla frequenza di consumo di determinati alimenti. Negli adulti un consumo elevato di pane e panini di grano tenero, latte, birra e acqua potabile aumentano molto l’esposizione all’arsenico inorganico, che si eleva ancora di più quando nella dieta è presente un consumo frequente di riso che è soggetto alla bioaccumulazione derivanti da fertilizzanti, suolo o acqua
I bambini più esposti degli adulti: il consumo di riso e derivati (farine di riso, gallette, cracker di riso, latti di riso) sono la principale fonte di esposizione nei neonati e bambini fino al 3 anni di età, che assumono cosi, attraverso la dieta, concentrazioni di arsenico 3 volte superiori rispetto agli adulti e agli anziani (una media di 0,20-1,37 con picchi di 0,36-2,09 mg/Kg di peso corporeo/die (Efsa 2014). Il consumo di tre porzioni (90 g/die) di alimenti per lattanti a base di riso potrebbe rappresentare una fonte importante di arsenico inorganico (1,59-1,96 mg/kg di peso corporeo al giorno). L’esposizione all’arsenico nei neonati è stata confermata anche da uno studio effettuato su 759 bambini, nati tra il 2011 e il 2014, in cui l’80% aveva introdotto il riso nella dieta prima del compimento dell’anno e il 64% di questi tra il quarto e il sesto mese di vita. All’età di 12 mesi il 43% aveva mangiato vari cibi contenenti riso, il 13% riso bianco e il 10% riso integrale almeno un paio di volte durante la settimana precedente. Il 24% aveva consumato cibi preparati con riso o addolciti con sciroppo di riso (barrette, snack e cereali non per infanzia), 5 o 6 volte durante la settimana. I campioni di urine raccolti sono stati 129. In base alle informazioni recuperate dal diario alimentare nei 2 giorni prima del monitoraggio urinario il 32,6%dei bambini aveva mangiato snack al riso (la maggior parte baby-food), il 10,1% cibi per infanzia contenenti riso, il 6,2% cibo per adulti con riso, il 7,8% aveva mangiato riso bianco o integrale, il 6,2% baby-cereali e riso, il 4,7% prodotti a base di cereali e riso non per l’infanzia. Dal monitoraggio è emerso che i bambini che mangiavano frequentemente riso e i prodotti a base di riso avevano concentrazioni di arsenico nelle urine superiori, fino al doppio, rispetto ai bambini che non consumano alcun tipo di riso. Per questo motivo l’EFSA ha disposto nuovi limiti di legge per l’arsenico nel riso e prodotti a base di riso: fino al 2017 saranno tollerate concentrazioni comprese tra 0,15 e 0,2 mg/kg di riso, dopo la concentrazione dovrà necessariamente scendere a 0,1 mg/kg
Perché il riso e tutti i risi sono uguali? Il riso in sè ha caratteristiche tali da legare maggiormente l’arsenico, poi la modalità con cui viene prodotto, immerso in acqua, lo rende naturalmente soggetto ad assorbire l’arsenico presente nell’ambiente, per le particolari condizioni nelle quali è coltivato: sott’acqua, in assenza di ossigeno. Naturalmente, più è alto il quantitativo di arsenico inorganico presente nell’ambiente, maggiore è il rischio che il riso ne risulti contaminato. Alcune varietà di riso risultano meno contaminate da arsenico, ad esempio il carnaroli, mentre il vialone e il riso integrale e il riso rosso possono essere più contaminati da arsenico come anche il riso paraboiled.
Come ridurre esposizione con la dieta? Visti i vantaggi di consumare riso, soprattutto quelli integrali, incluso il riso rosso e nero, non è necessario escluderli, ma è importante osservare alcune pratiche nel lavaggio e cottura che rimuovono circa il 30% dell’arsenico presente. Prima della cottura il riso (integrale e non) va’ lavato molto bene in abbondante acqua (6 tazze di acqua per ogni tazza di riso) eliminando poi l’acqua utilizzata per la procedura. Anche nella cottura, è preferibile in quanta più acqua possibile, ideale sembrerebbe il rapporto di 10:1. Ovviamente la qualità dell’acqua è fondamentale.
E i prodotti confezionati? Biscotti di riso, budini di riso cracker di riso e gallette di riso, sono molto di moda perchè si pensa che questi prodotti siano più dietetici e più salutari perché non contengono glutine e molte persone mangiano unicamente derivati del riso, spesso dolcificati con sciroppo di riso. In questo caso non potendo utilizzare il lavaggio come per il riso in chicchi, l’esposizione all’arsenico potrebbe salire di molto e quindi è bene non farne un uso eccessivo, visto che non sono necessari nella dieta e possono essere sostituiti con prodotti derivati da altri cereali (farro, avena, orzo)
Per chi come i celiaci sono costretti a seguire una dieta aglutinata il consiglio è di variare utilizzando quinoa, teff, grano saraceno e farine di ceci o fagioli in alternativa al riso. Uno studio pubblicato su Epidemiology ha riscontrato che chi segue una dieta gluten-free ha concentrazioni di arsenico nelle urine due volte maggiori rispetto agli altri, proprio per l’elevato utilizzo di prodotti che spesso contengono farina di riso come sostituto del grano.
Attenzione allo svezzamento: i bambini piccoli, pertanto chi ancora segue uno svezzamento tradizionale con l’introduzione di farine di riso, deve fare attenzione ad alternarla con altre farine, anche se contengono glutine, visto che recentemente non si ritiene più di dover ritardare troppo l’introduzione del glutine che dovrebbe essere introdotto non prima del quarto ma non dopo il settimo mese. Qualora non sia possibile l’allattamento al seno, non utilizzare bevande vegetali a base di riso in sostituzione nei primi mesi fino al terzo anno di età, se non sporadicamente e non associate ad altri prodotti a base di riso, accortezza che devono usare anche i genitori che sono vegetariani
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