Ho letto l’articolo (“Non crediamo in BIO”, Altroconsumo 295, Settembre 2015), e devo ammettere che la lettura non solo mi ha stupito ma anche un po’ irritato, soprattutto per la carenza di importanti informazioni scientifiche riguardanti l’argomento trattato, che invece sono “doverose” seppur semplificate per renderle fruibili, qualora l’intento fosse di informare in modo etico e corretto, con il fine di salvaguardare il benessere del consumatore e non di fare un semplice “scoop” in controtendenza.
“Non crediamo in BIO”, è un titolo assai forte, ma la prima domanda che mi viene spontanea è se invece Voi di Altroconsumo, credete nell’agricoltura convenzionale e pensate che si debba seguitare a produrre cosi. Perché se la crescente passione per il BIO è più una illusione, che un dato reale- per citarvi – i dati riguardanti l’esposizione ai pesticidi e le patologie connesse, è invece purtroppo un fatto concreto e reale, supportato da un copioso numero di lavori scientifici pubblicati ( 22284 in data 110915) e trovabili nella banca dati che tutti noi ricercatori consultiamo giornalmente (PubMed). Le patologie associate ad esposizione ai pesticidi, nel bambino e nell’adulto, sono patologie tumorali (leucemie, linfomi, tumori cerebrali) patologie metaboliche ( diabete, obesità), e patologie neurogenerative, come SLA, Alzheimer, Parkinson, e quest’ultima è stata riconosciuta nel 2012 in Francia come patologia da lavoro per gli agricoltori, che si vedono perciò riconoscere una pensione se si ammalano. Dire quindi che tra il prodotto BIO e quello convenzionale non c’è differenza non è corretto se si tiene conto che i primi ad ammalarsi di queste patologie sono proprio gli agricoltori che producono gli alimenti che arrivano nelle nostre tavole, che sono esposti a cocktail di pesticidi e, con loro lo sono, le famiglie e i bambini, che insieme alle donne in gravidanza risultano i soggetti più vulnerabili. Anche in questo caso, sono molti gli studi che correlano l’esposizione a pesticidi anche per motivi residenziali (vivere in prossimità di aree coltivate in modo convenzionale ed intensivo ad esempio) e problemi alla nascita, che vanno da difetti dello sviluppo di genitali nei maschi (ipospadie) a problemi del neuro-sviluppo come deficit del quoziente intellettivo, sindromi da iperattività e autismo, fino a tumori cerebrali. Le donne in gravidanza che siano state esposte a pesticidi organoclorurati e organofosfati, che preferenzialmente si accumulano nel tessuto adiposo (grasso) rilasciarli al feto, attraverso la placenta, o successivamente attraverso il latte durante l’allattamento con effetti sulla salute del neonato che possono manifestarsi immediatamente o anche a lungo termine, come risultato di una esposizione cronica, la più insidiosa. Sicuramente non si può non essere al corrente ad esempio che il Glifosate, il più diffuso erbicida al mondo, è stato trovato nelle urine umane, nel latte vaccino e in quello materno, e proprio quest’anno l’agenzia francese per la ricerca sul cancro lo ha indicato come probabile cancerogeno di classe 2A. Nell’articolo si parla di “tracce” di pesticidi- in modo molto superficiale-ma è fondamentale specificare quale sostanza è stata trovata- variando enormemente la tossicità tra le varie classi di molecole impiegate, e soprattutto essere consapevoli che per alcuni fitofarmaci di sintesi “tracce” non è sinonimo di “trascurabile” perché alcuni esplicano la loro tossicità a dosi molto basse, ed è l’esposizione costante ( tossicità cronica) attraverso il cibo o inalazione- nelle zone altamente irrorate queste sostanze entrano nelle case e si accumulano nella polvere e negli oggetti – o attraverso la pelle o nel peggiore dei casi in tutti questi modi , come può accadere per gli agricoltori e loro familiari, in cui si ha un effetto cumulativo che è piuttosto considerevole in termini di rischio per la salute. Il fatto che i pesticidi trovati nella frutta convenzionale fossero “Abbondantemente al di sotto” i limiti consentiti ossia- il livello massimo residuale LMR, non rappresenta una condizione di sicurezza, soprattutto per un organismo come il bambino, primo perché tali limiti sono stati calcolati per un individuo adulto di circa 70 kg e per singola sostanza presente, secondo perchè il bambino ha sistemi di detossificazione non sviluppati come l’adulto, terzo perché la capacità di detossificare non è geneticamente uguale per tutti, ne deriva che qualche bambino sia più suscettibile di altri, e può essere protetto solo con un principio di precauzione, ossia evitando l’esposizione. In più esistono dati che indicano un aumento dei prodotti convenzionali con multiresiduo (da voi non riscontrato), ossia la presenza di più di un pesticida nello stesso alimento (fino a 12 diversi residui e sull’effetto di questo cocktail di sostanze- nessuno sa nulla e quindi non si può essere rassicuranti in tal senso, perché non esistono studi, sebbene si può ragionevolmente sospettare una azione sinergica che potrebbe potenziare la tossicità dei singoli componenti.
Che la popolazione generale sia esposta ai pesticidi e che la dieta con prodotti biologici riduca questa esposizione, sia negli adulti che nei bambini, lo dimostrano vari studi scientifici, in cui i metaboliti urinari di organoclorurati o organofosati o piretroidi diminuiscono o scompaiono del tutto solo dopo solo 5 gg quando si passa da una dieta convenzionale ad dieta con prodotti biologici.
Ma proprio perché l’esposizione avviene in vari modi, non si può non menzionare il report di Greenpeace, sullo stato dei terreni e delle acque in cui si pratica coltivazione intensiva di mele in modo convenzionale.
Su 36 campioni di acqua e 49 di suolo, raccolti durante i mesi di marzo e aprile 2015 sono stati rilevati 53 pesticidi differenti ed il 70% di questi ha livelli di tossicità molto elevati per gli esseri umani e per l’ambiente. Il 78 % dei campioni di suolo e il 72% dei campioni di acqua contenevano residui di almeno un pesticida e 7 dei pesticidi trovati non sono attualmente approvati nell’Ue, ma possono essere utilizzati solo via eccezionali deroghe temporanee. La presenza di questi residui potrebbe essere il risultato di applicazioni pregresse che evidenziano un’altra pericolosa caratteristica di queste sostanze: la persistenza nell’ambiente e nelle acque anche dopo anni dalla messa al bando, come accade per il DDT. Da notare che in un singolo campione di suolo raccolto in Italia sono state rilevate fino a tredici sostanze chimiche diverse, e dieci in un campione di acqua, un vero e proprio cocktail di pesticidi diffuso nell’ambiente e nel suolo: dove i residenti camminiamo, i bambini giocano e respirano, cadono per terra, si mettono le mani in bocca, e sono i bambini della Val di Non in Trentino.
E quanto detto fin qui, sarebbe sufficiente per dire contrariamente a quanto affermato nel vostro articolo, col BIO SI GUADAGNA IN SALUTE. Come è evidente a me e ai molti consumatori che fanno questa scelta, e che il prodotto biologico è già migliore e più sano in primis per gli agricoltori che producono il cibo per noi, poi per noi stessi e l’ambiente in cui viviamo.
Tuttavia, da nutrizionista, quale io sono, voglio spendere le ultime parole sulla nutraceuticità di questi alimenti che è legata alla maggiore presenza di polifenoli o altri composti antiossidanti: la meta-analisi effettuata su 343 lavori scientifici e pubblicata da dell’Università di Newcastle (UK) parla di contenuti significativamente più elevati di polifenoli ( flavoni, antociani, acidi fenolici, flavonoli stilbeni nei prodotti biologici rispetto ai convenzionali e molte di questi composti sono associati ad un rischio ridotto di incidenza di patologie cardiovascolari , tumori, e malattie cronico-degenerative. In questa meta-analisi si evidenzia come il prodotto biologico, contenga anche livelli di cadmio 4 volte inferiori al convenzionale (voi parlate solo di rame) ed il cadmio è un agente cancerogeno spesso trovato nei prodotti di largo consumo da parte dei bambini.
E’ evidente che il cibo oggi svolga un ruolo centrale nella prevenzione e la nutrigenomica, scienza che studia l’influenza dei bio-composti presenti negli alimenti e in nostro DNA, ha chiarito come sia importante la QUALITA’ dell’alimento nella prevenzione delle patologie, e la qualità dell’alimento non può prescindere dal metodo di coltivazione e dal rispetto della terra in cui il prodotto viene coltivato: una agricoltura che diffonde veleni altamente tossici, alcuni causa anche della moria delle api, fondamentali nell’ecosistema sia per i loro prodotti ( miele polline pappa reale) utilissimi da un punto di vista nutrizionale, sia per il loro ruolo nel mantenimento della biodiversità, non PUO’ e non DEVE essere incoraggiata, e non lo sarebbe se tutti riflettessimo sullo stato dell’intero ecosistema.
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Well done, dottoressa! Non ho letto l’articolo di Altroconsumo (di cui sono stata associata per almeno 15 anni dagli anni ’90 e ricordo avesse uno stile più “scientifico”) ma una rivista che porta questo nome dovrebbe come minimo darsi una letta ad un paio di studi in materia prima di scegliere un simile titolo…