ALTROCONSUMO E IL BIO ATTO II: LA MIA REPLICA ALLA REPLICA


Errare humanum est, perserevare autem diabolicum! Mi sembra appropriato iniziare cosi questa replica alla replica di Altroconsumo che  in risposta alla pletora di lettere di contestazione e protesta ricevute-risponde e conferma la posizione (http://www.altroconsumo.it/alimentazione/prodotti-alimentari/news/prodotti-bio/2), senza però pubblicare nessuna di queste lettere e tantomeno facendo menzione ai tanti aspetti, ambientali e di patologie connesse con esposizione ai pesticidi, che tali lettere facevano presenti, inclusa la mia- in carta intestata ISDE- associazione medici per l’ambiente, e questo forse avrebbe dovuto in qualche modo accendere qualche favilla di riflessione più profonda, far vacillare tanta sicurezza oppure, se non altro, far  riflettere  sul perché una associazione di medici per l’ambiente, si prende la briga di mandare una lettera, visto che non produce Bio e nemmeno lo vende. Eppure le tante lettere citate, non solo non sono state pubblicate ma  forse  neanche lette ( lo deduco dalla frase “Confermiamo parola per parola” in cui si ribadiscono risultati dell’inchiesta). Infatti Altroconsumo torna all’attacco,  ribadendo che studi scientifici seri che hanno dimostrato come mangiare bio, allo stato dei fatti, non offra un vantaggio per la salute, senza un riferimento  bibliografico scientifico che a questo punto nella replica sarebbe doveroso almeno in risposta a chi,come me ed altri di studi scientifici internazionali ne ha citati tanti, che dicono il contrario. Ma resto comunque ancora molto critica quando leggo “Aprire gli occhi a chi compra bio per motivi salutistici- affrontando una maggiore spesa (per molti è un sacrificio), non solo è importante, diventa doveroso per un’organizzazione a tutela dei consumatori.  Se l’intento è quindi tutelare il consumatore diventa doveroso anche informarlo  dell’ultimo report di Legambiente effettuato su 7132 campioni di frutta verdura, derivati e miele provenienti da diverse regioni italiane, che  ci dice che rispetto al 2012 i campioni regolari  e senza residuo sono scesi dal 64%al 58%, mentre è ulteriormente aumentato il numero di campioni che presentano uno o più residui,  con un valore del 42%, circa un campione su due, con casi limite di 15 residui di diversi pesticidi nello stesso prodotto analizzato              ( articolo completo https://www.renataalleva.it/pesticidi-nel-piatto-i-dati-2014-di-legambiente-il-multiresiduo-e-il-dato-piu-preoccupante) . Le sostanze più frequentemente trovate sono Boscalid, Captano, Chlorpyrfos, Fosmet, Metalaxil, Imidacloprid, Dimetoato, Iprodione. Vale la pena di soffermarsi su alcune di queste sostanze per  ricordare che l’imidacloprid è un neonicotinoide, sostanza particolarmente tossica responsabile  della moria delle api, e lo sanno anche i bambini che le api sono importanti per l’uomo e per l’ambiente e la catena alimentare-(senza loro non esisterebbero tante varietà di frutta e verdura ad esempio oltre che il miele), tant’è che si fanno dei programmi di educazione nutrizionale nelle scuole primarie su questi temi.    Clorpyrifos, Dimetoato, Iprodione fanno parte di una lista di 33 pesticidi che dovevano essere banditi dalla comunità europea, definiti  interferenti endocrini, ossia in grado di creare nell’uomo disturbi al normale metabolismo ormonale (percitarne alcune infertilità, diabete, endometriosi, ipotiroidismo   diabete), e l’ esposizione del feto a queste sostanze ( come accade per esempio in gestanti che vivono in prossimità di zone in cui si pratica agricoltura intensiva) è correlata a tante patologie, tra cui tumori, autismo e alterazioni dello sviluppo genitale.  Informiamo i consumatori che  nelle zone in cui frutta e verdura sono prodotte in modo intensivo-spesso monoculture-, i terreni sono pieni di pesticidi che risalgono a più di 30 anni fa-come il DDT che per la sua persistenza nell’ambiente( report  di greenpeace 2014)- è ancora trovato nei terreni,  e l’esposizione al DDT-vietato dagli anni settanta ma ancora presente nelle matrici ambientali- è stato correlato ad aumentato rischio di tumori. Informiamo il consumatore che chi  vive in aree cosi intensamente trattate, nel periodo dei trattamenti, i bambini non riescono a stare fuori di casa perchè tali trattamenti rendono l’aria irrespirabile oltre che potenzialmente tossica, e diciamo che in certe zone ci sono più problemi di salute che in altre, in adulti e bambini. Diciamo anche a sua tutela, che l’ISPRA ha trovato nell’ultimo report pubblicato ( 2014) ben 175 sostanze inquinanti nelle acque superficiali e profonde e molte di queste sostanze provengono da agricoltura intensiva, e l’acqua va ovunque, entrando in tutta la catena alimentare. Questo significa che i danni si ripercuotono sull’ambiente, e la relazione tra ambiente e salute è oggi più che evidente al punto che se volessimo tutelare davvero il consumatore bisognerebbe anche spiegare che se le concentrazioni riscontrate dal laboratorio nell’ortofrutta convenzionale sono minori di quanto si pensi: da 10 a 100 volte sotto i limiti di legge, questo dice poco e nulla, perché la percentuale maggiore di pesticida  si diffonde nell’ambiente con atomizzatori, inquinando l’aria che respiriamo. Acqua, Aria, suolo sono l’ecosistema in cui viviamo in cui produciamo cibo che mangiamo, cibo nel quale la presenza del multiresiduo desta preoccupazione, perché non è la quantità, ma in numero di sostanze tossiche diverse e la esposizione cronica  e cumulativa ad esse ( aria, acqua, cibo) che creano danni alla salute, e primi tra tutti a quella dei bambini. Se si  volesse essere di aiuto al consumatore, questo andrebbe  informato di tutti questi aspetti, del fatto che pagare qualcosa in più per un prodotto biologico, in realtà si traduce  in un risparmio enorme, in termini di salute ambientale e nostra che lo abitiamo, e salute delle generazioni future a cui lasceremo un pianeta senza risorse,s e non aiutiamo la diffusione di buone pratiche agricole e sostenibili. Se poi invece volessi fare un servizio utile per il consumatore, lo informerei  su come risparmiare e mangiare biologico, lo informerei  dell’ esistenza d gruppi di acquisto  ( GAS) che in sinergia con  produttori Biologici con un criterio di filiere corte, consentono di  fare una spesa  con prodotti biologici anche a chi acquista con sacrificio, perché  spesso è  il canale della distribuzione che aumenta tanto i costi. Poi se volessi tutelare i consumatori, direi che il biologico è l’unica scelta percorribile oggi per salvare quel che resta dell’ambiente, e facendo crescere questa coscienza farei crescere la richiesta di  controlli seri e frequenti, facendo leva su quelli che sono gli aspetti ancora critici, per migliorare questo tipo di produzione e non per farla sembrare inutile, perché non lo è affatto se vogliamo un ambiente più sano. Insomma se volessi tutelare il consumatore e me stesso, smetterei di incoraggiare chi produce inquinando, perché forse non tutti lo sanno ma i tumori sono in aumento in modo quasi “pandemico” e l’ambiente  e lo stile di vita personale, dal cibo all’attività fisica all’esposizione a contaminanti giocano un ruolo chiave in questa patologia,che colpisce anche molti agricoltori. Ma davvero, ben informato di tutto questo,  un consumatore è felice di risparmiare 50 centesimi, pur sapendo che chi coltiva usando pesticidi è il primo a mettere a rischio la sua salute e quella della famiglia?  

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