Alimentazione materna durante la gravidanza influenza la salute del nascituro da adulto


Dimmi cosa mangiava tua mamma in gravidanza  e ti dirò cosa sarai da grande: numerosi studi sembrano confermare che l’alimentazione nelle prime fasi della vita svolga un effetto preventivo e costitutivo nel futuro dell’individuo. Esistono infatti periodi critici nello sviluppo del bambino – dalla gravidanza ai primi anni – in cui l’alimentazione può davvero condizionare la salute del futuro adulto. Nasce il concetto di “programming nutrizionale”, una parola inglese che indica gli interventi alimentari in gravidanza, allattamento, svezzamento in grado di avere un impatto sulla salute a lungo termine  per cui sono determinanti le scelte alimentari dei primi mesi, e soprattutto nella fase fetale. Secondo l’ipotesi di Barker, la malnutrizione – per difetto o per eccesso – e l’alterazione dell’equilibrio endocrino durante la fase fetale modificano la struttura e il metabolismo dell’individuo e lo rendono predisposto in età adulta a obesità, diabete e malattie cardiovascolari.

Secondo quanto detto, la donna in gravidanza dovrebbe prestare particolare attenzione  alla sua dieta, sia in termini di quantità,  che di qualità e sicurezza degli alimenti. E’ importante sapere che la  gravidanza non necessita di troppe calorie aggiuntive rispetto ai fabbisogni per età e indice di massa corporea (IMC), che si riducono quindi  ad un modico aumento di 150 kcal /die tra  il primo e secondo trimestre ed un massimo di 400 kcal/ die con conseguente aumento del fabbisogno proteico giornaliero (+ 29 g/die secondo i nuovi LARN) dal terzo trimestre fino a termine della gestazione. Attenzione quindi a quanti chili si mettono su durante il periodo di gestazione e al peso pre-gravidico, perché l’essere sovrappeso o obesi prima, durante e anche dopo il parto, espone mamma e bambino a tutta una serie di rischi. Il rischio principale è che il feto diventi più grande del normale, ossia il bambino nasca di maggiore peso e dimensioni dei coetanei nati da mamme con un peso che rientra nei parametri stabiliti. Questo fattore di per sé potrebbe già creare delle serie complicazioni durante il parto, ma a questo si aggiunge la possibilità che il bambino possa poi divenire a sua volta una persona sovrappeso o obesa negli anni a venire.

La qualità  degli alimenti è altrettanto importante ed è emerso da un recente studio anche ciò che una donna mangia, indipendentemente dal suo peso quando è incinta, può influenzare il rischio di obesità per il suo bambino, o il peso del suo bambino alla nascita. Per questo motivo dovrebbero essere evitati alimenti troppo ricchi di zuccheri, e tutti i dolcificanti artificiali come l’aspartame, mentre per quanto riguarda i grassi, scegliendo opportunamente: si, quindi  all’olio di oliva ed acidi grassi omega-3 contenuti nel pesce il  cui consumo durante la gravidanza, è stato associato a benefici sia della gestante che del feto tanto che, a livello comunitario, è stabilito che le donne in gravidanza e allattamento dovrebbero introdurre giornalmente almeno 200 mg di acido docosaesaenoico (DHA). Semaforo rosso invece a tutti gli oli tropicali, molto diffusi nei prodotti da forno industriali che sono olio di palma, olio di cocco e di palmisti, spesso indicati genericamente  in etichetta con “ grassi vegetali” .Contrariamente ai precedenti, questi grassi sono nocivi per la salute e andrebbero evitati perché aterogenici.

Per quanto riguarda la sicurezza alimentare, oltre ad evitare il consumo di cibi crudi o poco cotti, pesce o carni e salumi,  e verdure crude se non siamo certi delle modalità di lavaggio, per evitar il rischio toxoplasmosi, un recente studio pubblicato in Reproduction Toxicology 2011; 31(3) 363-373 (Prenatal exposures, epigenetics, and disease) ha posto l’attenzione sugli effetti dannosi dell’esposizione in gravidanza ai pestidici sia ambientali che attraverso il cibo, danni che possono trasmettersi per ben tre generazioni. Vista l’importanza di questo aspetto è consigliabile consumare cibi biologici, per ridurre al minimo l’esposizione a pesticidi negli alimenti, utilizzare sempre alimenti rispettandone la stagionalità e possibilmente locali utilizzato i canali della filiera corta.

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